Per problema elastico s’intende la risoluzione delle equazioni integro-differenziali che governano il comportamento di un solido tridimensionale, che sia:

  • costituito da un materiale rispondente alla legge lineare di Hooke
  • omogeneo isotropo, tale da essere definibile mediante le costanti elastiche E (modulo elastico longitudinale) e v (coefficiente di Poisson)
  • soggetto ad un campo di forze esterne di volume e di superficie
  • vincolato su alcune parti della sua superficie al fine di rendere deterministico (che ammette soluzione) il sistema.

capriata-configurazione-statica
capriata-momenti-flettenti
Simulazione ad elementi finiti di una capriata metallica incastrata agli estremi; in alto: schema di calcolo, in presenza di forze concentrate nei nodi e di forze uniformemente distribuite; in basso: deformata e relativi momenti flettenti agenti sulle aste.
Risolvere il problema elastico significa che, dato un campo di forze agente su una struttura (o un generico solido) e posizionati i vincoli necessari per garantire l’equilibrio (figura 1), è possibile calcolare 15 grandezze fisiche corrispondenti alle 6 componenti dello stato di sforzo normale ( σx, σy, σz ) e di taglio (xy, τxz, τzy ), alle 6 componenti della corrispondente deformazione normale ( εx, εy, εz ) e di taglio ( γxy, γxz, γzy ) e alle 3 componenti di spostamento (u, v, w rispettivamente parallele a x, y e z). Segue la determinazione delle reazioni vincolari e il calcolo degli sforzi normali, delle sollecitazioni di taglio e dei momenti flettenti.

Ciò premesso, perché lo definiamo problema elastico? Per il semplice fatto che siamo in presenza di 15 incognite e di sole 12 equazioni differenziali di primo grado, potendo utilizzare le 3 equazioni di equilibrio (equazioni indefinite o di Cauchy) scritte rispetto alle 3 direzioni cartesiane, le 3 equazioni di compatibilità (che legano gli spostamenti alle deformazioni lungo le medesime direzioni) e le 6 equazioni che provengono dal legame costitutivo elastico lineare. Mancano all’appello 3 equazioni per poter rendere deterministico il sistema.

La soluzione consiste nel manipolare le equazioni di compatibilità della deformazione derivandole più volte fino ad eliminare le componenti degli spostamenti; in questo modo si ottengono ulteriori 3 equazioni differenziali (questa volta di secondo grado), nelle quali compaiono le sole componenti della deformazione, che unite alle 12 disponibili consentono di risolvere il problema elastico essendo ora in presenza di 15 incognite e di 15 equazioni differenziali.

Qualche riflessione. Le 3 nuove equazioni ottenute nel modo descritto sono note come equazioni di congruenza della deformazione e, unitamente alle equazioni di compatibilità dalle quali derivano, devono la loro esistenza alle 3 componenti di spostamento u, v e w. Tale stretta connessione implica che se le componenti della deformazione rispettano le equazioni di compatibilità allora sono automaticamente soddisfatte anche quelle di congruenza, tale da garantire il principio di continuità che sottende l’intera meccanica dei solidi e che a sua volta si esplica:

  • nella garanzia che non esistano punti di singolarità matematica, ossia che le equazioni ammettano sempre soluzione
  • nell’assenza di lacerazioni o compenetrazione del materiale.

Per comprendere appieno la valenza del postulato di continuità (e conseguenzialmente delle equazioni di congruenza) si consideri che le 15 equazioni descritte non possiedono, salvo casi particolari, soluzioni in forma chiusa; al contrario, le stesse possono essere agevolmente risolte con il metodo degli elementi finiti nato, per l’appunto, per risolvere le equazioni differenziali. In pratica, viene condotta un’analisi basata sull’equilibrio elastico (come nel caso della figura 1) applicando il principio dei lavori virtuali (PLV) e calcolando, nel rispetto del bilancio energetico tra le forze esterne e quelle interne, gli spostamenti in maniera approssimata. Noti tali valori, si risale alle deformazioni e infine, quali quantità recuperate, agli sforzi.

congruenza-disco-acciaio-1
congruenza-disco-acciaio-2
Figura 2. Mappatura degli sforzi orizzontali agenti in un disco in acciaio vincolato con cerniere alla base (in alto) e deformato da forze orizzontali di trazione fino al collasso (in basso).
Al fine di chiarire ulteriormente l’argomento si veda la figura 2, nella quale è illustrato un piatto d’acciaio dotato di un foro centrale e obbediente alla legge elastico-lineare; lo stesso è stato poi vincolato alla base con cerniere e infine è stato sottoposto all’azione di forze di trazione agenti nella sola direzione orizzontale, tale da produrre una deformazione che, rispettando il principio di continuità del materiale, non consente la lacerazione del materiale. Come si può notare, l’insieme dettato dalle equazioni di congruenza e di compatibilità ha garantito il principio di continuità dell’acciaio, la cui rottura è avvenuta quando gli sforzi prodotti dalle forze orizzontali hanno superato la tensione di snervamento del materiale.

Rimane un dubbio da chiarire. L’esempio di figura 2 ha illustrato l’uso corretto delle equazioni di congruenza ma nel contempo non ha risolto il problema del reale comportamento del disco in acciaio, il quale a collasso avrebbe invece dovuto manifestare proprio quella lacerazione impedita dalle leggi di compatibilità e di congruenza.
rottura-trazione-ferri-armatura-cls
Figura 3. Curva sforzi-deformazioni dei ferri di armatura del calcestruzzo e dettaglio fotografico di alcuni campioni portati a rottura in prove di trazione (fonte: Introduzione alla Meccanica del Continuo).
Se a tal proposito si osserva la figura 3 si vede chiaramente che il reale comportamento dell’acciaio è elastoplastico e non semplicemente elastico-lineare; quindi, si vede anche che:

a) la tensione di snervamento alla quale è corrisposto il collasso del disco di figura 2 corrisponde al punto A
b) al punto C si verifica la strizione del materiale
c) al punto D si verifica la rottura reale, con separazione del materiale per lacerazione dello stesso.

Ora, indipendentemente dalla complessità del legame costitutivo che si vuol adottare per migliorare la risposta tensodeformativa del piatto di figura 2, rimane pur sempre il limite della mancata lacerazione dettata dalle equazioni di congruenza e di compatibilità, ovvero rimane quel limite che si è voluti superare per garantire la risoluzione delle equazioni integro-differenziali che governano il comportamento dei solidi e delle strutture.

Quale soluzione? Fortunatamente il metodo degli elementi finiti è talmente evoluto da poter essere utilizzato per risolvere le equazioni della Meccanica della Frattura (per i dettagli si veda Introduzione alla Meccanica delle Terre) o per simularne la risposta mediante l’introduzione degli elementi elastoplastici di contatto, che sfruttano la sovrapposizione del medesimo spazio fisico per modellare le discontinuità (figura 4). congruenza-disco-acciaio-4 congruenza-disco-acciaio-6 Un’ultima riflessione.
Se, con adeguate manipolazioni matematiche, si fondono le equazioni dell’elasticità con quelle di congruenza si ottiene la formulazione di Beltrami-Michell per l’analisi di problemi elastostatici in funzione di un assegnato campo di sforzi; allo stesso modo, se al posto delle equazioni di congruenza si utilizzano quelle di compatibilità e si inserisce il risultato nelle leggi di equilibrio si perviene alla formulazione di Navier, utile per problemi elastostatici in funzione di un assegnato campo di spostamenti.

Si noti che queste ultime sono state utilizzate da Biot nel 1941, 1955 e 1956 per giungere alla teoria accoppiata della consolidazione, considerata una teoria esatta e oggigiorno molto utilizzata dai programmi di geotecnica ad elementi finiti.  Per i dettagli si veda il Manuale avanzato di Meccanica delle Terre.

Commenti (0)

Non ci sono ancora commenti

Aggiungi nuovo commento

Product added to wishlist