Un excursus storico che abbraccia tecniche progettuali, analisi dei materiali e architettura per capire l’evoluzione delle costruzioni nel tempo, fino alle applicazioni più recenti. La prima puntata parla dell’utilizzo dei materiali a fini edilizi nell’antica Roma.
di Romolo Di Francesco (www.romolodifrancesco.it)
Siamo talmente abituati al progresso tecnologico da restarne letteralmente sommersi, senza neanche poterci rendere conto della lunga strada che deve essere percorsa per giungere ai risultati dei quali ognuno di noi può beneficiare; eppure, dietro ogni innovazione esiste un’evoluzione articolata non sempre frutto del progresso tecnico o scientifico, ma molto più spesso strettamente connessa a esigenze sociologiche, militari e, talora, anche religiose. In altre parole, molto più spesso è stata la storia a tracciare la nostra evoluzione culturale e non il progresso in senso stretto.
Nel periodo compreso tra le civiltà degli
egizi e quella dei
romani, passando per la storia dell’antica
Grecia, le costruzioni erano erette utilizzando elementi strutturali semplici come la
trave e il
pilastro, i carichi erano limitati alla sola
compressione e
trazione mentre esisteva un unico materiale da costruzione: la
pietra.
Ovvero, il materiale che meglio idealizzava gli scopi prefissi: economico, diffuso, resistente, affidabile anche se pesante. Allo stesso modo, le metodologie costruttive erano basate sostanzialmente sull’esperienza, più che sulla teoria, conducendo a una condotta pragmatica, costosa e nel contempo affidabile. In sostanza, per millenni l’evoluzione in campo edile è stata condizionata da
fattori economici piuttosto che statici, tanto che la scelta del materiale da costruzione era legata alla vicinanza delle cave d’estrazione con l’evidente ricerca di ottimizzazione del rapporto costi/benefici.

Durante l’impero romano furono realizzate opere impressionanti per il connubio tra perfezione costruttiva e bellezza architettonica, capaci nel contempo di svolgere in maniera davvero mirabile lo scopo, idraulico, militare, ludico o religioso, per il quale erano costruite. La tecnica edilizia raggiunse livelli mai visti prima in nessuna civiltà, precedente o contemporanea che fosse, grazie alla sublimazione nell’uso dell’arco e dei primi materiali artificiali da costruzione: il
mattone e il
calcestruzzo (figura 1).
Probabilmente furono i fenici i primi a miscelare la
calce con la
sabbia vulcanica, diffondendone poi la cultura nell’intero
Mediterraneo; ma, sicuramente, furono gli antichi romani a padroneggiare pienamente con tale materiale grazie alla scoperta delle proprietà idrauliche della
pozzolana, una pietra vulcanica ampiamente diffusa nei pressi dell’Urbe.
Da un punto di vista chimico la pozzolana è costituita da
silice [SiO2, semplificata in S] ed
allumina [Al2O3, semplificata in A] mal cristallizzate e amorfe; miscelata con la
calce [CaO, semplificata in C] conduce alla formazione di
silicati idrati di calcio [C-S-H] e di
alluminati di calcio
idrati [C-A-H], in funzione del legame con l’
acqua [H2O, semplificata in H] tale da produrre una massa stabile nel tempo e del tutto impermeabile. Un risultato che sfugge ai moderni calcestruzzi basati sull’utilizzo del
cemento Portland.

Grazie allo sviluppo di tale tecnologia gli antichi romani poterono realizzare la cupola del
Pantheon, la fondazione del Colosseo (80 d.C.) – consistente in una piastra dello spessore di 7 metri – e il
porto di Cosa presso Orbetello. La cupola del Pantheon (figura 2) rappresenta la più straordinaria, e meglio conservata opera tramandataci dagli antichi romani, con un diametro di 43.44 metri e un oculo centrale di 8.92 metri di diametro; una struttura geometricamente pura, derivata da una sfera inscritta in un cilindro con lo stesso diametro della cupola ed un’altezza pari al suo raggio: il finito e l’infinito messi insieme a rappresentare la maestosità di Augusto Ottaviano che lo volle nel 27 a.C. Ciò che però sorprende di più, e che non può essere visivamente apprezzato, è insito nella tecnologia adottata per la costruzione della cupola, con una sezione rastremata verso l’alto e l’utilizzo dell’opus caementicium composto da cemento pozzolanico con inerti alleggeriti.

Procedendo dal basso verso l’alto: travertino, travertino e tufo, tufo e mattoni, mattoni spezzati, mattoni e tufo leggero, tufo leggero e infine scorie vulcaniche. In questo modo l’architetto Marco Vespasiano Agrippa riuscì realizzare un’enorme cupola senza la moderna adozione dei ferri di armatura disposti nella zona tesa, ovvero nella parte bassa tipicamente soggetta a sforzi circonferenziali di trazione.Fu vera gloria quella degli antichi romani anche in campo edile? Sicuramente sì e sicuramente non dovuta solamente alla fortuita presenza di pozzolana, che rese possibile la costruzione di opere davvero mirabili. Molto del successo delle loro opere è dovuto a
Vitruvio Pollione che tra il 23 ed il 27 a.C. scrisse il “
De Architectura”, un trattato suddiviso in dieci volumi nel quale stabilì anche le regole per il corretto confezionamento del calcestruzzo che prevedevano 1 parte di calce e 3 parti di pozzolana.
In questo modo Vitruvio Pollione riuscì a ottenere un aumento della velocità di presa e indurimento, un aumento della capacità di indurimento e il non indifferente vantaggio di sviluppare tali caratteristiche anche sott’acqua. Era nato il primo legante idraulico della storia e fu solo grazie a tale opera che in tutto l’impero poterono essere costruite opere destinate a sfidare i secoli, se non i millenni.
Con la caduta dell’impero romano, tradizionalmente fissata al 476 d.C. allorquando
Odoacre depose l’ultimo imperatore
Romolo Augustolo, fu dispersa la concezione vitruviana del confezionamento del calcestruzzo, tanto che il “De Architettura” fu successivamente studiato solo nei suoi contenuti classici. E in questo modo fu dispersa, per i successivi tredici secoli, una metodologia costruttiva che avrebbe cambiato per sempre l’evoluzione tecnologica nell’edilizia e l’immagine della nostra società.
Senza la perdita della tecnologia basata sul
calcestruzzo oggi potremmo beneficiare di una tecnica costruttiva antica di duemila anni e non di soli duecento anni, anche se la prima struttura in cemento armato risale alla fine del diciannovesimo secolo; ma, di rimando, non avremmo potuto beneficiare della successiva evoluzione delle strutture in muratura portante che dal romanico giunsero alla sublimazione strutturale con lo stile gotico.
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