Sono le 11.36 del 14 agosto 2018, quando su Genova cade una pioggia fitta e, nello stesso istante, un fortissimo boato viene avvertito in tutta la città spazzando via un pezzo della storia dell’ingegneria italiana: un tratto del famosissimo Ponte Morandi crolla portando con sé ben 43 vittime. Di seguito ci sembra doveroso fare una ricostruzione minuziosa per ripercorrere insieme questa tragedia che ha colpito una città e, umanamente, tutto il paese.

Ponte Morandi: la struttura

Il Ponte Morandi era Lungo 1.182 metri con un’altezza di 45 metri. Il viadotto è stato progettato da Riccardo Morandi con l’intento di connettere la nuova A10 con la A7, scavalcando un vasto parco ferroviario, case e industrie.
Parliamo di un'infrastruttura strategica per il collegamento viabilistico fra il nord Italia e il sud della Francia oltre a essere il principale asse stradale fra il centro-levante di Genova, il porto container di Voltri-Pra', l'aeroporto Cristoforo Colombo e le aree industriali della zona.

Ponte sul Polcevera: l’inaugurazione nel 1967

Inaugurato nel settembre 1967, dopo 4 anni di lavori, il viadotto Polcevera rappresenta una pietra miliare nella storia delle autostrade italiane, sia per la complessità della soluzione tecnica, sia per l'elevato risultato estetico. 
La struttura è realizzata in calcestruzzo armato, ossia quello che comunemente viene chiamato cemento armato. Nel caso delle strutture orizzontali (dette tecnicamente “impalcato”) è calcestruzzo armato precompresso, cioè lavorato con una tecnica che ne migliora la resistenza alla trazione, considerata scarsa nel calcestruzzo normale. Le torri e i piloni del ponte Morandi, invece, sono in calcestruzzo armato ordinario, cioè non lavorato con questa tecnica e quindi meno resistenti alla trazione. Il sistema di precompressione usato era stato brevettato dallo stesso Morandi.

Cosa distingue il Ponte Morandi dagli altri ponti? Principalmente, il modo in cui furono realizzati gli stralli, cioè i tiranti che partono dalla cima dei piloni e sono ancorati alla struttura.

Di solito sono d’acciaio, un materiale che reagisce meglio alla trazione, mentre gli stralli del ponte Morandi sono in acciaio e rivestiti di calcestruzzo precompresso. Il calcestruzzo è un materiale che veniva (accade anche oggi) usato per lavorare in compressione, cioè per resistere alla pressione di forze convergenti. Ecco l’intuizione (e la rivoluzione) di Morandi, che l’aveva già applicata al ponte sulla baia di Maracaibo, in Venezuela, inaugurato nel 1962. Tre campate del ponte di Maracaibo crollarono nel 1964, dopo che una petroliera ne urtò un pilone in una sezione dove le navi non dovevano passare: il crollo però non interessò una sezione del ponte in cui era costruito con gli stralli rivestiti di calcestruzzo.

Ponte Morandi: lavori di manutenzione

Negli anni Novanta, gli stralli della torre più a est del ponte (opposta a quella crollata) furono affiancati da tiranti in acciaio.

Lo stesso lavoro era previsto per la pila 9 e la pila 10 – quella crollata è la 9 – ed era stato per questo indetto un bando da circa 20 milioni di euro. Dei lavori avevano parlato due rappresentanti di Autostrade per l’Italia in una riunione del consiglio comunale di Genova dello scorso 18 luglio 2018, convocata dopo le lamentele dei residenti riguardo ai rumori causati dai costanti lavori notturni di manutenzione al ponte.

Chi conosce il ponte ritiene che gli interventi di manutenzione erano pressoché costanti, addirittura ce n’erano stati anche nelle settimane precedenti al crollo, come testimonia la riunione del consiglio comunale. Gli ultimi, iniziati nel 2016, avevano previsto la sostituzione integrale delle barriere protettive.

Il crollo del viadotto

Il 14 agosto 2018 la sezione del ponte lunga circa 250 metri, è crollata insieme al pilone occidentale di sostegno (pila 9) provocando 43 vittime fra gli automobilisti che transitavano e tra gli operai presenti nella sottostante area.

Ponte Morandi: un nuovo video e foto inedite in possesso della magistratura

A pochi mesi dal crollo, si apprende che le telecamere di una ditta di Corso Perrone erano puntate sul ponte Morandi al momento del cedimento: le immagini sono passate al vaglio della magistratura per fare luce sul collasso del viadotto, un elemento di certezza nel lavoro di ricostruzione complessiva dopo il susseguirsi delle tante teorie sul disastro circolate dopo il crollo stesso.

Questo fondamentale elemento si aggiunge alle testimonianze oculari e agli esami dei periti. Immagini determinanti sul piano processuale per il lavoro della procura, acquisite per cristallizzare il momento e le fasi del crollo del Ponte Morandi, superando così il problema del blackout che ha vanificato i video delle telecamere autostradali sul viadotto, penalizzate anche dalla visibilità resa scarsa dalla forte pioggia.

Perché le telecamere non hanno ripreso il crollo? Questa la domanda che si sono posti in tanti. Ce la poniamo anche noi.

La telecamera è mobile e, in quel momento, inquadra lo svincolo autostradale. Quando la telecamera ritorna sul ponte, la tragedia si è già verificata. Il ponte si spezza in due e il camion della Basko rimane fermo a due passi dal baratro, in bilico tra la vita e la morte. Le altre auto e i camion fanno retromarcia come possono per scongiurare il dramma, a un respiro di distanza da loro.

L'importanza delle immagini inedite

Questo materiale visivo è molto prezioso, come afferma il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi: «È estremamente utile che questi elementi non siano stati conosciuti o conoscibili, perché così non esiste la possibilità che possano influenzare la descrizione del fatto vista da un teste oculare consentendo di tagliare immediatamente le ricostruzioni fantasiose o impossibili».

Ecco, per conoscenza di chi legge, le due immagini cruciali collegate alla contorta vicenda:

 

Renzo Piano: il progetto del nuovo ponte

Ha scatenato non poche critiche e polemiche da parte degli architetti l’idea del nuovo ponte Morandi di Genova offerta da Renzo Piano e consegnata al commissario per l’emergenza e governatore ligure Giovanni Toti. L’idea dell’architetto è di costruire 43 lampioni, uno per ogni vittima del crollo del viadotto. Secondo Piano, il nuovo ponte dovrebbe essere senza stralli, né tiranti, e dovrebbe essere costituito da una striscia di asfalto sorretta da pilastri.

Piano ha precisato: “questo è il classico caso in cui serve un concorso aperto a tutti: architetti, paesaggisti, ingegneri. Quello del ponte è un tema che tocca tutti e tutte le corde: da quella tecnologica a quella poetica”.

Piano non accetta la fatalità dell’evento, nonostante il Ponte Morandi fosse considerato indubbiamente un simbolo dell’ingegneria italiana del Novecento e una vera e propria icona.

Quando venne eretto il ponte, infatti, il celebre architetto cominciava la sua professione, e ammirava Morandi per la sua audacia. Questa, forse eccessiva, potrebbe essere una causa del crollo, sebbene le altre cause potrebbero essere imputabili anche a difetti di cura o ad altri elementi ancora da chiarire. Certamente, l’opera esprimeva “la volontà di spingere l’Italia nella direzione di un grande ottimismo, senza il quale non ci sarebbe stato il miracolo della ripresa”. Un’opera, però, che si è rivelata fragile, una fragilità che ha causato vittime, sconcerto, paura e dolore.

La ricostruzione parte prima di tutto da là.

Ponte Morandi: la cronistoria

Eccoci giunti al 26 settembre 2018: le conclusioni del Ministero dell'Interno sono state durissime nei confronti di Autostrade. Si legge: "non si è avvalsa (...) dei poteri limitativi e/o interdittivi regolatori del traffico sul viadotto (...) e non ha eseguito conseguentemente tutti gli interventi necessari per evitare il crollo verificatosi". Tradotto: sapeva e si è astenuta dall'intervenire. 

Secondo gli ispettori del ministero delle Infrastrutture, Autostrade "minimizzò e celò" allo Stato "gli elementi conoscitivi" che avrebbero permesso agli organi di vigilanza di dare "compiutezza sostanziale" ai suoi compiti. 

La messa in sicurezza era considerata "improcrastinabile", ma allora perché si è rimasti inerti?

Secondo gli ispettori, ad Autostrade conveniva la manutenzione straordinaria in luogo della logica e doverosa manutenzione ordinaria, perché remunerata meglio. Assisteremmo a un intento speculativo, dunque, a discapito della sicurezza di migliaia di persone. 

L'altra campana, controbatte prontamente: “le responsabilità ipotizzate dalla Commissione ispettiva del Mit a carico di Autostrade per l’Italia non possono che ritenersi mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare” considerando “peraltro che il comportamento della concessionaria è stato sempre pienamente rispettoso della legge e totalmente trasparente nei confronti del concedente”. 

Il primo sopralluogo dei periti, insieme ai consulenti dei 20 indagati e dei familiari delle vittime, è stato effettuato il 2 ottobre 2018. Il 26 ottobre 2018 la Finanza nella sede di Spea (società "sorella" di Autostrade per l'Italia) ha prelevato le relazioni sul Pecetti, il ponte della A26, sottoposto con urgenza ad un intervento dopo essere stata rilevata una forte criticità nelle travi dell'impalcato.

L'inchiesta, in questa fase, si è concentrata sui rapporti sussistenti tra Autostrade per l'Italia e Spea.

Le indagini proseguono, noi invece facciamo un salto nel presente: Giugno 2019, momento in cui scatta la custodia cautelare per gli amministratori della "Tecnodem Srl"

L'ombra della Camorra oscura la già contorta vicenda legata alle dinamiche di demolizione del Ponte Morandi: la Tecnodem aveva lavori in subappalto per 100mila euro nell’ambito delle opere di demolizione del ponte ma era già stata estromessa dai lavori nel maggio scorso perché ritenuta “permeabile di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso”.

Sul piano processuale, abbiamo finalmente una data: 17 gennaio 2020, momento in cui è previsto l'incidente probatorio sulle cause del crollo.

La demolizione del Ponte Morandi

Sono le 9.37 del 28 giugno 2019, quando si è verificata la demolizione del Ponte Morandi, un'operazione di grande ingegneria. Le pile 10 e 11 dell'ex viadotto sono state distrutte con l'esplosivo.

Riportiamo le immagini esclusive dell'avvenuta demolizione e pubblichiamo questo video di Repubblica.

 

Il Ponte Morandi non esiste più, o meglio, resiste solo una piccola parte: a Ovest, si scorge un pilone accanto Corso Perrone.

Per il resto, il Viadotto non c'è più, distrutto da una tonnellata di esplosivo. Sono bastati 6 secondi, 6 soli secondi per raderlo al suolo. 

Ciò che rimane, è anche una sorta di malinconica reminiscenza, una non precisata sensazione di vuoto, una sequela di interrogativi e un progetto: quello di Renzo Piano, destinato a rimodellare il nuovo Viadotto e in relazione al quale è previsto un costo complessivo di 202 milioni di euro.

L'inaugurazione dovrebbe avvenire nella Primavera del 2020 e non è stato ancora scelto il nome di battesimo. Noi ci auguriamo, come in ogni nascita, che goda di buona salute, una salute d'acciaio, ma soprattutto che sia in grado di donare uno straordinario rilancio per Genova, un momento di doveroso riscatto per tutto il paese.

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